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ORIZZONTI COMUNI. L'INVENZIONE COLLETTIVA DEL PAESAGGIO.

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Come ogni bene comune, anche il paesaggio pone veri e propri problemi epistemologici relativi alla sua natura, alla sua accessibilità da parte dei cittadini (presenti e futuri) e, dunque, alla forma del regime politico che sottende alla sua gestione, tipicamente la democrazia e le sue molteplici. Il tema dei beni comuni pone in termini rinnovati una fondamentale questione di democrazia perché riguarda l’accesso ai beni della vita in termini di eguaglianza. E non solo del diritto di ciascuno a poterne disporre in termini sufficienti per vivere, ma anche dal punto di vista del superamento di divari sempre più larghi e insopportabili fra le persone per l’accesso alla conoscenza o ai paesaggi, intesi non tanto dal punto di vista vedutistico, bensì da quello del risultato del rapporto fra mondo naturale e opera dell’uomo, che costituiscono la “cultura”, l’identità (sempre mutevole e in continua costruzione) di una comunità. Ma tale diritto di accesso deve prevedere un limite nel loro uso, così da poterne garantire la consistenza e dunque l’uso anche alle generazioni future. La loro tutela si connette perciò inevitabilmente al tema, politico, dei diritti del cittadino. Solo nel 2000, la Convenzione Europea «definisce il paesaggio quale determinata parte del territorio, così come è percepita dalle popolazioni». Ma le popolazioni “chi sono” e “come percepiscono”? Sanno di possedere questo potere e dispongono di cognizioni adeguate per decidere? Evidentemente non basta “sancire” principi giusti: per attuarli davvero occorre sperimentare con pazienza metodi e pratiche di crescente consapevolezza attorno a tempi delicati e complessi. Insomma: il paesaggio sembra buono per ripensare la democrazia.

Collana: Cataloghi - Pagine: 84 con 40 immagini a colori - Formato: cm. 24x22

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